giovedì 8 maggio 2014

La civiltà della cooperazione
Viorel Igna


Una delle esigenze più pressanti di oggi in Italia, ma anche nel mondo, è
quella di produrre una virtuosa sinergia tra la formazione, l’etica e la
politica. Al centro dell’interesse della collettività non ci deve più essere
la sfera dell’economia: questa costituisce l’effetto di una “civiltà della
cooperazione”, fondata sull’equità e sulla trasparenza. Questa è una
delle tesi sostenute da Gaetano Mollo (ordinario di Pedagogia generale e
Pedagogia sociale presso l’università di Perugia) nel suo ultimo libro,
uscito ai primi di novembre, “La civiltà della cooperazione” (Morlacchi
Editore, Perugia 2012) il cui emblematico sottotitolo è “Un modello di
rinnovamento per una leadership etica”.
La civiltà occidentale secondo Mollo - rischia la decadenza, causa
l’individualismo e la corruzione. La crisi che stiamo vivendo è
essenzialmente etica, prima che economica e politica. Si deve
ricostituire il tessuto etico della nostra società, attraverso un
rinnovamento morale che si rifletta in quello istituzionale.
E’ per questo che, secondo il nostro Autore, è necessario definire e
mettere in atto un nuovo modello sociale. Si tratta di passare da un
sistema piramidale (gerarchico e di casta) a un sistema a rete
(partecipativo e cooperativo). E’ questo il “modello cooperativo”,
basato sulla condivisione, sulla compartecipazione e sulla
corresponsabilità, dove l’equità e la trasparenza siano al centro di tutto
il sistema delle relazioni sociali.
Da qui l’impellenza di nuova leadership etica. Tale leadership non
può che essere cooperativa e compartecipe, direttamente investita dai
cittadini e sotto il loro controllo, designata per meriti sociali e di lavoro,
composta anche da molte persone giovani, che abbiano dimostrato
impegno sociale, esercitato competenze professionali e conquistato
attendibilità etica. E’ in tal senso che il libro di Gaetano Mollo va oltre
“La civiltà dell’empatia” di Jeremy Rifkin, pur riprendendone e
sviluppandone le tesi: dall’atteggiamento empatico deve scaturire un
atteggiamento cooperativo.
Ciò che ci sembra di notevole apporto in questo libro oltre alle
“reti concettuali” di cui ogni paragrafo è introdotto è la coniugazione
fra l’apporto teorico e lo strumento pratico. Questo non solo perché la
seconda parte del testo fornisce degli “strumenti metodologici” quali
sono quelli del gruppo, del dialogo, della comunicazione sociale, della
relazione d’aiuto, del problem solving e dell’arte del coaching ma
soprattutto perché unisce alla modalità del manuale, utilizzabile percorsi di formazione e d’aggiornamento, quella di tante monografie
sintetiche, unite in una rete concettuale, per costituire un background di
intersezione fra diversi ambiti di sapere come si può leggere nel
prologo “con l’intento d’individuare nodi concettuali, proporre nessi
logici, offrire metodologie di lavoro”(p. 18).
E’ in tal senso che uno dei pregi di questo contributo che è al
contempo pedagogico, sociologico e politico è quello di connettere
l’indispensabile tensione etica da recuperare, delineata nel primo
capitolo sul “rinnovamento sociale”, con le condizioni e le caratteristiche
di una “leadership etica”, oggetto del secondo capitolo, capace di attivare
un modello cooperativo, per confluire in ciò che deve poter costituire “la
vita cooperativa”, argomento del terzo capitolo. E’ attraverso il
paradigma del cooperare che si può delineare una nuova “etica del
lavoro” e una “economia della reciprocità”, attraverso la capacità di
convivere, di prendersi cura gli uni degli altri, nell’equità e nella
trasparenza di tutto ciò che concerne l’attività umana.
E’ all’interno di tale quadro di riferimento che si possono e si
debbono formare tutte quelle competenze sociali rivolte al bene della
collettività e basate su di una professionalità attestata dal basso, nella
prassi quotidiana. Da tali competenze che sono di tipo relazionale,
comunicativo e organizzativo può derivare una nuova classe non più
dirigente, ma coordinante: un insieme di persone che sa appassionarsi
al bene comune ed anche accomunarsi in ciò che non sia privilegio o
interesse di parte, ma benessere per tutto il sistema sociale.
Da tutto ciò, secondo Gaetano Mollo, può derivarne una nuova
fiducia fra cittadini e Stato, ispirata dal rispetto reciproco e dalla
riconoscenza. Si tratta di passare dall’ “io” narcisistico ed egocentrico al
“noi di partecipazione”, che va oltre il “noi d’interesse” e il “noi di
condivisione”: “è una forma di sintonizzazione e d’immedesimazione con
persone e situazioni della vita sociale e politica più ampia”(p. 106).
Ci sembra, accogliendo le molteplicità di sollecitazioni e di nessi di
questo libro, che l’intenzionalità pedagogica e la pratica politica possano
volgere verso la civiltà della cooperazione, se a tutti i livelli si vorrà e si
potrà passare da logiche di separazione a logiche d’integrazione,
partendo dalle relazioni interpersonali, sino a quelle intercontinentali,
sostituendo sul piano politico al principio del “divide et imperat” quello
di “unisci e armonizza”, sul piano economico al “do un des” il “diamo per
migliorare”, e sul piano interpersonale a “mors tua vita mea” il “vita tua
vita mia”(p. 112).